Alla ricerca dell'esca perduta
- Enrico Avagliano
- 12 feb 2024
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 14 giu

Ci sono stagioni che esaltano il coraggio e la determinazione di ogni pescatore. Freddo e umidità saranno i malvagi compagni che ci affiancheranno alla ricerca delle spigole portuali per nulla intimidite dall’aria polare che solo le notti invernali sanno regalare. In questo duello dal sapore antico non avremo ne scudo e ne spada ma una bolognese ad azione spiccatamente di punta e una cassette di sarde. Un esca dal sapore decisamente “vintage” dimenticata dainuovi “guerrieri” ma sicuramente tra la più efficace nel periodo invernale.“Levate regazzì”… Il carrello del pescato pieno di cassette di pesce mi passò ad un millimetro e mi ritrovai nel bel mezzo di una “corsa” fatto di cassette di polistirolo, odore di mare e grida. I pescherecci erano tornati e con loro il molo riprendeva vita in quell’interminabile “passa mano” fatto di cassette bianche “sobbalzanti” da una mano all’altra accompagnate da una nuvola di ghiaccio. Erano tutti riuniti li ristoratori e pescivendoli nel momento più importante della giornata. Fiumicino era tutta li a vivere in modo quasi spasmotico l’arrivo delle paranze per cercare di acquistare una cassetta di “sottobanco” ad un prezzo stracciato con dieci mila lire potevi compranti una cassetta di pesce da paranza. Io stringevo le mie “diecimila” nelle mani un po’ per la frenesia un po’ per la forte tramontana che puntuale come le paranze al tramonto arrivava. “Che ce farai co tutte ste sarde” non rispondevo quasi mai allungavo la mano e diecimila lire stropicciate entravano nella sua mano puzzolente. Ne è passato di tempo da quando impazientemente aspettavo il mio turno per la mia “porzione” di sarde. Il modo di vedere la pesca alla spigola è cambiato in maniera vertiginosa. Grazie ai pescatori di acqua dolce che con la loro ventata di novità e tecnica portarono il bigattino. Un esca sicuramente micidiale in determinate situazioni e con temperature idonee. Con il passare degli anni le esche “alternative” vennero accantonate o meglio usate solo come esche di ripiego. Nella stagione invernale tornano alla ribalta. Gambero e company sono sicuramente le esche più utilizzate in foce. Il canale di fiumicino oltre ad essere una foce è anche un porto canale che vanta una flotta di pescherecci considerevole. Da sempre i pescherecci richiamano sotto di esse una grande quantità di specie ittiche nel nostro caso la regina della foce sua maestà la spigola. Il motivo è abbastanza chiaro. Oltre ad essere un ottimo riparo per sferrare attacchi al pesce foraggio la paranza è una fonte di pastura naturale. Una grande quantità di pesce non destinato alla vendita viene gettato dai pescatori professionisti a fine giornata nell’operazione di pulizia delle reti. Un richiamo irresistibile per le spigole. Nella stagione fredda questo comportamento è molto accentuato. La spigola sta compiendo la frase riproduttiva e visto il grande dispendio di energie entra all’interno della foce a cercare cibo “facile” proprio sotto le imbarcazioni adibite alle pesca professionale. Qui entra in gioco una delle esche più utilizzata dai “vecchi volponi” della foce. La sarda. Trovare un giovane pescatore intento ad insidiare la spigola con questa tecnica è un vero e proprio miraggio. La pesca in questi anni sta vivendo un periodo fatto di facciata e apparire nel modo più tecnico o passati il termine più figo è di fondamentale importanza, purtroppo. L’inverno è la stagione del nudo e crudo dove non utilizzeremo terminali capillari accompagnati da ami chirurgici. Siamo in mezzo alle paranze utilizzando un esca altamente selettiva e l’incontro con esemplare di svariati chili non è assolutamente un fattore da sottovalutare.

Il pescatore di foce è un “guerriero della terra di mezzo” un uomo salato con l’animo dolce. Anche per questa tecnica non farà a meno della sua amata bolognese ma con caratteristiche diverse da quella utilizzata per la pesca di fino. Avremo bisogno di un attrezzo affidabile che ci permetta di gestire terminali generosi e contrastare le fughe di esemplari oversize che come unica ancora di salvezza hanno la carena della paranza. L’attrezzo ideale è una “bolo strong”. Un attrezzo con spiccate doti di punta. Una canna pronta che ci permetta di utilizzare terminali dallo 0.16 allo 0.20. Siamo in foce è le maree e i movimenti che creeranno sono di fondamentale importanza. Raramente utilizzeremo piombature importanti. Le parenze ci “proteggeranno” dalle forti correnti generate da basse maree di buna entità. La costruzione della lenza è abbastanza semplice creeremo una spallinata di circa ottanta centimetri e solo in caso di trattenuta applicheremo del piombo aggiuntivo per sovratarare la nostra lenza. Sia l’innesco che la pasturazione sarà effettuata con sarde. Per la pasturazione ci coaudioveremo di una comune forbice per tagliare le sarde che saranno destinate per attrarre le nostre prede nei pressi dell’innesco. Ad un amo di buone dimensione e robusto innescheremo la nostra sarda creando un “tocchetto” che cuciremo sull’amo. Non abbiamo bisogno di utilizzare del filo elastico dato che appoggeremo i nostri inneschi in acqua. Le affondate nelle serate fruttuose saranno molteplici e non sarà raro ingaggiare duelli con spigole da record. Una parte importante di questo articolo va dedicata all’abbigliamento. Ci troviamo in pieno inverno e staremo molte ore a contatto con temperature molto basse capi di pile o meglio tute termiche sono di fondamentale importanza.