IN FONDO AL FIUME
- Enrico Avagliano
- 14 mag 2024
- Tempo di lettura: 8 min
Aggiornamento: 14 giu
Testo e foto Cristian Magnani

“Quando ripresi la canna in mano, agganciai una sonda all'amo e lanciai sul filo della passata per provare il fondo. Avevo dato due metri tra galleggiante e termine della lenza madre, poi avevo aggiunto un terminale di mezzo metro.
La sonda affondò di colpo e il galleggiante si fermò una spanna sotto il pelo dell'acqua, ben visibile in trasparenza. Mi ero sbagliato di poco” da L'amo e la lenza, di Mario Albertarelli
La pesca, come la caccia, è un'attività venatoria, cioè una pratica volta alla cattura di animali selvatici. Ora, fortunatamente, la pratica di reimmettere in acqua il pesce catturato è diventata la norma per la grande maggioranza dei pescatori, almeno in acque interne, ma ciò non cambia la natura delle cose: pescare è sempre l'atto di ingannare un animale selvatico, inducendolo a mangiare del cibo che noi gli offriamo. In molte tecniche di pesca, il pescatore cerca il pesce e gli presenta l'inganno, e l'aspetto venatorio della pesca è quanto mai esaltato. In queste tecniche, come la pesca a mosca, il senso dell'acqua e la conoscenza del corso d'acqua e dei pesci da parte del pescatore stesso, sono fondamentali. Nella pesca al colpo ci si avvale invece della pasturazione per portare il pesce a cibarsi in una posizione a noi favorevole. Pertanto il pescatore offre ai pesci del cibo per indurli a nutrirsi e ad accettare l'esca che gli offre. Può sembrare semplice, ed in effetti a volte lo è, mentre tante altre volte non lo è affatto.

Sia perché può capitare che il pesce non si nutra di ciò che gli offriamo, perché spaventato o, più banalmente, perché gli offriamo il cibo dove non è e dove non si lascia attirare, sia perché, ed è il caso più frequente, la nostra esca non si mischia con la pastura che abbiamo elargito. Sono fermamente convinto che spesso siamo noi stessi gli artefici dei nostri insuccessi perché peschiamo dove non pasturiamo oppure perché portiamo i pesci, con la pastura, a cibarsi dove non riusciamo a far passare la nostra esca. Credo che la cosa fondamentale, soprattutto se pasturiamo con l'ausilio della fionda, sia individuare il filo di corrente giusto dove lanciare i nostri bigattini in modo da farli arrivare in un punto dove riusciamo a far passare la nostra insidia, oppure, se la situazione è difficile da decifrare a causa di gorghi e ribollii, cercare di capire dove la pastura si deposita e pescarci sopra.
Per evitare di incorrere in questi inconvenienti, non c'è che una cosa da fare, semplice quanto spesso sottovalutata: bisogna leggere il fiume! E non tutti sanno farlo.
Giunti sul posto di pesca bisogna, per prima cosa, osservare il fiume, cercando di capire come si muove l'acqua che non è mai un flusso uniforme. Ogni irregolarità del fondo e delle sponde, ogni ostacolo, visibile o meno, ogni ansa, produce mutamenti nel flusso della corrente. Bisogna allenare i propri occhi ed il proprio senso dell'acqua ad interpretare una corrente apparentemente uniforme, bisogna saper distinguere i punti in cui la corrente principale si divide, originando correnti diverse, alcune destinate a spegnersi in un rigiro sotto sponda, altre a precorrere rettilinee ed uniformi. Alcune impetuose e mai uguali, altre che paiono spegnersi in mille vortici per poi riprendere la loro corsa verso il mare.

L'occhio del pescatore deve saper leggere il fiume, deve saper individuare quel punto, grande a volte poche decine di centimetri, dove dobbiamo lanciare le esche perché queste vengano portate dove vogliamo, ovvero dove passa la nostra lenza.
Solo così saremo in grado di fare delle catture che siano il frutto di una scelta ragionata e non del caso.
Un po' diverso è il caso dei fiumi di dimensioni maggiori, quando si pesca con pasture pesanti, con pasture da fondo compattate in grosse bocce o con retine appesantite da sassi, è invece essenziale allenare l'occhio a lanciare la pastura ad una distanza che poi sia realmente raggiungibile con la lenza, evitando di pasturare linee troppo corte o, ancora peggio, linee troppo lontane. Poi l'esperienza insegna ad ognuno, in questi casi, l'anticipo da dare alle bocce o alle retine in modo da farle giungere sul fondo a valle della nostra postazione, in un punto nel quale la nostra lenza sia perfettamente in pesca e nel quale possiamo ferrare con efficacia nel caso il pesce abbocchi. Personalmente ho imparato che la pastura è più pesante di quello che pensassi agli inizi e ora mi pasturo quasi al dritto...meglio avere i pesci un po’ più a valle che troppo a monte, rischiando di passargli sulla schiena con una lenza che non è ancora entrata perfettamente in pesca. Questo mi permette di ricollegarmi ad un elemento fondamentale, cioè il fondo da dare al galleggiante ovvero l'altezza alla quale facciamo passare la nostra esca. Questo è il punto di tutto, la chiave di volta della pesca: se vogliamo che un pesce mangi il cibo che gli presentiamo appuntato all'amo, è fondamentale che questo passi tra le altre esche che gli offriamo.

Se la nostra esca non viaggia con quelle di richiamo, ogni cattura sarà casuale. Possiamo affrontare il punto in due modi, ovvero pesca a fondo e pesca staccata. La pesca sul fondo, che rappresenta la norma nella pesca a passata, è ovviamente quella nella quale l'esca viaggia nei pressi del fondo. Non necessariamente deve strisciare sul fondo perché mentre ci sono pesci come barbi e savette che, per la forma del muso, hanno la necessità di afferrare esche che si trovano sotto la loro bocca, ci sono altri pesci, come i cavedani, che hanno un apparato boccale posto davanti agli occhi e, da bravi onnivori, sono pronti a ghermire il cibo trasportato dalla corrente anche quando questo non vaga nei pressi del fondo. Anzi, il cavedano preferisce afferrare il cibo che gli arriva all'altezza degli occhi mentre prendere il cibo appoggiato al fondo lo obbliga ad assumere una posizione quasi innaturale.È chiaro che se pasturiamo con bocce di pastura da fondo farcite di bigattini o con palle di bigattini incollati, i pesci si porteranno sul punto in cui il cibo giace e saranno costretti a mettere il muso a terra. In questo caso la nostra lenza dovrà permettere alla nostra esca di strisciare il fondo se non addirittura di appoggiarvisi.Pescando invece con retine farcite di pastura e bigattini o di soli bigattini, contrariamente a quanto si possa pensare, è facile che la corrente afferri le esche che escono dalla retina e le faccia vagare a qualche centimetro dal fondo e se la nostra esca sfiorerà il fondale, avremo le migliori probabilità di successo. Non per niente la maggior parte delle abboccate avviene quando effettuata la trattenuta o l'invito, lasciamo la nostra esca libera di calare naturalmente verso il fondale.Tutto questo rende fondamentale capire esattamente qual è l'esatta profondità del posto di pesca su tutta la linea di passata e nelle vicinanze della stessa.

Capire come è fatto il fondo, riuscire a farsene un'idea perlomeno nei punti essenziali è fondamentale per capire dove posizionarsi e dove pasturare. Come si fa a capire com'è fatto il fondo? C'è solo un modo per farlo: con la sonda e un po’ di pazienza! Esistono anche dei sistemi 'spannometrici' per fare il fondo ma se uno vuole capire dove sta pescando, ci vuole la sonda. Di peso adatto al posto in cui si pesca ovviamente. Bastano sonde da pochi grammi per sondare uno striscio di acqua bassa e lenta mentre ce ne possono volere da 50 o 60 grammi per sondare in un grande fiume. Una sonda usata nel modo giusto è il sistema più veloce per capire l'esatta pendenza del fondale e rilevare variazioni anche di mezzo centimetro. L'unica situazione nella quale la sonda può rivelarsi difficile da usare è nella pesca a grande distanza nella quale può essere più semplice mettere tutto il piombo sull'asola e fare alcune passate senza finale, ma l'immagine mentale che ne otterremo sarà certamente poco definita e riusciremo più che altro a capire qual è la profondità del posto. Dovremo poi procedere per tentativi per individuare la distanza amo-galleggiante più proficua ma non sapremo mai veramente come viaggia la nostra esca. Perché, sia chiaro, c'è una differenza abissale tra sondare e capire quanta “acqua” dare. La sonda ha anche un altro vantaggio, ci permette infatti, in qualsiasi momento, di rifare il punto della situazione: in qualsiasi momento basta agganciarla all'amo e controllare se il galleggiante non si sia spostato con le ripetute ferrate o se non ci siamo, col passare delle ore, spostati su una linea di passata diversa. I sistemi che si basano sull'osservazione del galleggiante non sono ne pratici ne precisi.

Sapere dove si pesca è fondamentale come fondamentale è dare il fondo esatto, in particolar modo se non si appoggia molto. Una volta mi è stato insegnato che "il fondo si cambia 1 cm per volta" e penso che queste "leggi" della passata che ci tramandano i vecchi specialisti siano dei veri distillati di esperienza che non vanno assolutamente dimenticati Il fondo del fiume non è una strada: è fatto di irregolarità anche importanti e anche quando è piuttosto uniforme, ci sono inevitabilmente piccole asperità come sassi e ciuffi d'erba che ci obbligano a fare diverse prove fino a che non riusciremo a trovare il fondo giusto, cioè la distanza amo-galleggiante che permetta alla nostra esca di sfiorare il fondo in maniera naturale esattamente dove giace la nostra pastura e dove i pesci sono appostati per afferrare ciò che gli offriamo. E' tutta qui la pesca! Anche quando peschiamo con parecchi centimetri se non parecchie decine di centimetri di lenza in appoggio, spesso, all'atto pratico, la nostra esca sfiora il fondo o l'appoggio è di soli pochi centimetri anche se crediamo di aver appoggiato tutto il finale. Le dinamiche di una lenza in acqua sono sorprendenti e bisognerebbe prendere la briga di guardare come di comporta la nostra montatura nell'acqua chiara per rendersi conto che, a volte, anche senza trattenere, ci vogliono 30 cm d'appoggio solo per sfiorare il fondo! Quando invece pasturiamo con esche sfuse, gettandole a mano o con la fionda, è facile che i pesci si predispongano a nutrirsi non solo sul fondo ma anche nei pressi dello stesso quando non decisamente staccati dallo stesso. Periodo dell'anno, quantità di pesce presente, frequenza delle fiondate e quantità di esche gettate in acqua sono le variabili del tutto.

Mentre d'inverno l'acqua fredda, riducendo il loro metabolismo, porterà i pesci a muoversi e quindi a nutrirsi con movimenti molto misurati, durante la buona stagione vedremo facilmente i pesci alzarsi nella colonna d'acqua per nutrirsi delle esche mentre queste calano verso il fondo. Soprattutto se c'è parecchio pesce e quindi una nutrita concorrenza. Anche in questo caso, capire esattamente qual è l'esatta distanza tra amo e galleggiante è fondamentale: nella pesca pari fondo saremo in grado di valutare di quanti centimetri allungare la profondità reale per non sollevare troppo l'invidia dal fondo durante i richiami o per vincere la tendenza di una lenza leggera ad essere sollevata dalla corrente. Ma anche nella pesca staccata è importante sapere quanto fondo abbiamo davanti perché spesso basta sollevarsi di una spanna per vedere mangiate più decide e, soprattutto, sapere quanto fondo c'è ti evita l'errore di pescare praticamente appoggiato mentre si pensa di essere a mezz'acqua.
Personalmente, pesco spessissimo staccato non per questo non sondo. Che io sappia o non sappia quanto fondo c'è, devo comunque fare delle prove per trovare a che altezza i pesci sono più propensi a nutrirsi, ma se so esattamente che fondo c'è, allora so cosa sto facendo io e cosa sta facendo il pesce. Alla fine bastano pochi euro per una serie di sonde, ma il loro uso è di importanza veramente fondamentale.
Come si comporta la nostra lenza e come correggerla c'entra relativamente col fondo esistente e quello da dare: una sondata non ti dice come pescare ma ti da un punto di riferimento che ti permette di fare tutta una serie di considerazioni senza le quali non si pesca, si fanno solo dei tentativi casuali