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Soluzioni idrosolubili

Aggiornamento: 14 giu

Testo e foto di Alessandro Arseni


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Quando l’acqua e la montagna si incontrano creano una cornice paesaggistica da lasciare senza fiato, se le luci del paese vicino di notte si riflettono nello specchio d’acqua, arrivi a pensare che stai pescando in una sorta di presepe a grandezza naturale. Il contesto appena citato è il lago di Barrea: il bacino è stato creato con lo sbarramento del fiume Sangro nei pressi di Barrea. L'invaso, come molti altri bacini artificiali della regione, viene utilizzato per la produzione di energia elettrica, ma costituisce anche un'importante riserva idrica. È situato nel cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo ad una quota di circa 980 metri sul livello del mare. In particolare, il lago costituisce un crocevia per l’avifauna migratrice e stanziale ed il territorio circostante offre rifugio ai mammiferi come il lupo, l’orso bruno marsicano, il cervo e il camoscio. Per quanto riguarda la popolazione ittica, nel lago ci sono molte tinche di buona taglia, cavedani oversize e carpe dai colori dorati e splendenti. Che siate appassionati di pesca o appassionati di natura, il lago di Barrea è una meta perfetta. Appassionato di carpfishing,


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stavo navigando sul web in cerca del prossimo spot da affrontare, quando mi sono imbattuto in un report di una sessione di pesca svolta sulle sponde di questo magnifico lago. La prima cosa che feci fu chiamare Paolo, un mio carissimo amico che amava la pesca in tutte le sue forme. Da lui imparai a fare i primi d-rig, con lui ho affrontato il mio Tevere per la prima volta e sempre lui mi ha insegnato a capire che nella pesca un cappotto non è un fallimento, ma un’occasione per capire gli sbagli e migliorare nelle sessioni successive. La preparazione tecnica e logistica durò circa 2 settimane: quali esche portare, quale montatura utilizzare, dove calare le esche, con che ritmo pasturare e, soprattutto, cosa portare da mangiare per rimanere in tenda 3 giorni. Durante tutto il viaggio per giungere a destinazione, abbiamo ripassato tutto ciò che avevamo studiato i giorni precedenti, ripetendo quello che dovevamo fare e come lo dovevamo fare, accortezze maniacali per rendere una sessione di pesca indimenticabile. Il permesso giornaliero per la pesca costa 15 euro ed è reperibile al Museo del Lupo di Civita Alfedena. Espletate le burocrazie, ci siamo diretti, carichi di entusiasmo, verso il camping “Colle Ciglio”: costeggiando il lago dall’alto si ammira uno specchio d’acqua color turchese attorniato da montagne verdi. Ci fermammo sulla diga e vedemmo un gruppo di carpe con individui tra i 5 e i 20 kg: pensammo subito che avrebbero offerto un grande combattimento vista l’elevata


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ossigenazione dell’acqua. Dopo altri 15 minuti arrivammo al camping: ottimo punto per sostare in tenda o in camper perché è ben attrezzato per quanto riguarda tutti i servizi. Sono dell’idea che prima di montare l’attrezzatura bisogna sempre fermarsi ad osservare il lago per qualche minuto, piccoli particolari come bollate di superfice, salti o un albero che sporge verso la riva e crea una zona d’ombra (nei mesi caldi almeno) o anche un piccolo fiumiciattolo che entra nel lago, possono essere elementi da non sottovalutare. Penso sempre che optare per lanci lunghi (a meno che non è richiesto dalla particolarità dello spot stesso) sia controproducente per le nostre energie, ma anche perché quando una bella carpa parte è un treno in accelerazione e quei secondi che impieghi per arrivare al pod sono metri di filo che se ne vanno e il lago come si sa’ non è una “prateria”, ci sono molti ostacoli sommersi che potrebbero creare problemi nella fase di recupero. Proprio per queste ragioni preferisco pescare ad una distanza di 60 metri, lanci precisi e pasturazione ben mirata, concentrata in un punto per creare la zona di alimentazione. Come montatura utilizzo un “classico”, ovvero un piombo in line da 60 grammi che scorre su un leadcore da 25 lb stoppato da una girella; a quest’ultima ho collegato una clip “quick change” in modo da poter cambiare velocemente il terminale. Monto un quick change anche all’estremità superiore del leadcore, in modo da evitare nodi tra leadcore e madre lenza nel caso volessi cambiare il trecciato piombato in maniera veloce. Per evitare grovigli durante il lancio o nella caduta in acqua, preferisco mettere 2 coni in gomma base/base proprio per evitare che il leadcore e la madrelenza si attorciglino tra loro. Il piombo di 60 grammi è più che sufficiente dato che la distanza da raggiungere non è eccessiva. Ad una distanza di 60 metri la profondità si aggira intorno i 3-5 mt e preferisco fare dei lanci precisi ed accurati senza stancarmi. La presentazione dell’esca ha un ruolo importante: un rig fatto a dovere riesce ad autoferrare il pesce anche con un piombo di modesta grammatura.


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Un accessorio che facilità l’autoferrata è il “rig aligner” della Korum. Un altro accessorio che non dovrebbe mai mancare nello zaino è il Krusha della Korda, utile per frantumare boiles, pellet o granaglie come tiger nut e mais: permette di frantumare le esche inserite ottenendo diversi tipi di granulometria, da uno spezzato molto grossolano fino ad un macinato molto fine. Dato che useremo i sacchetti in PVA, meglio optare per una frantumazione grossolana per arrivare sul fondo e rimanere vicino all’innesco, cercando così di evitare il più possibile pesce di disturbo. Il PVA è un materiale idrosolubile, quindi a contatto con l’acqua tende a scioglierai nel giro di pochi secondi, creando una forte zona attrattiva intorno all’esca. Il PVA si trova in commercio in varie forme, utile a diversi scopi: le retine tubolari permettono la creazione di stick mix da innescare sull’amo, mentre i rotoli permettono di dimensionare a piacimento la grandezza del sacchetto. I tempi di scioglimento del PVA sono collegati alla temperatura dell’acqua: in condizioni di acqua fredda lo scioglimento richiederà un tempo maggiore, mentre in condizioni di acqua calda i tempi saranno minori.

È preferibile preparare almeno 6-7 sacchetti di PVA un giorno prima della pescata, in maniera tale che le particelle del contenuto si amalgamino bene tra loro. La misura che preferisco è 6 x 8 cm. Si tagli un pezzo di rotolo adatto ad ottenere la grandezza del sacchetto desiderata, quindi lo si riempia a 3/4 della misura ottenuta, praticando con un ago da innesco piccoli fori e battendolo continuamente sul palmo della mano per assestare il contenuto granulare nel sacchetto: i fori permetteranno un migliore scioglimento del sacchetto ed eviteranno che lo stesso galleggi per il formarsi al suo interno di bolle d’aria.


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Una volta compattato bene il sacchetto bisognerà inumidire la parte superiore, prima internamente e poi, dopo aver chiuso effettuando 2-3 giri, la parte esterna, ottenendo così una chiusura ben accurata. Per essere più sicuro che durante il lancio non esca nulla, sono solito fare 3-4 giri con del PVA tape sulla parte superiore per poi chiudere con 2 nodi classici ed infine inumidisco gli angoli inferiori e li ripiego su loro stessi, per avere più aerodinamicità durante il lancio. Per riempire il sacchetto uso pellet di varie dimensioni per avere uno scioglimento con tempi differenti, pastura per creare una nuvola d’attrazione e boiles frantumate. I sacchetti possono essere riempiti a strati, o con mix miscelato, io preferisco usare il mix. In questo caso, per attrarre le nostre amiche “dorate”, ho preferito unire 2 tipi di mix: un classico composto di fishmeal della Dynamite utile sia per spod che bag mix caratterizzato da molte pellet di vario diametro (dai 2 ai 8 mm) e particles in genere, e uno sfarinato della Sonubait, il Super Carp Method Mix, molto ricco di granaglie come mais spezzettato, semi di girasole interi ed altro, ottenendo un composto molto ricco e nutriente, di colore scuro, in cui, una volta bagnato, risalteranno i pezzetti gialli di mais, che, così facendo, potrebbero attirare il pesce. Usando i sacchetti in PVA, non si tratta di una vera e propria bagnatura poiché questo materiale a contatto con l’acqua si scioglierebbe: useremo dei prodotti “PVA friendly” che evitano proprio questo inconveniente, in questo caso la scelta è caduta su un prodotto della Mainline: Syrup coconut milk. Ho preferito questo perché è molto dolce e nelle precedenti sessioni avevo notato che i pesci erano attirati da sapori molto dolci e inneschi dolci e fruttati. In fase di miscelazione del mix bisogna ottenere un composto che non sia né troppo morbido, né troppo asciutto,


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io per ottenere il risultato voluto, non appena il mix inizia a scurirsi comincio a preparare subito i sacchetti, riponendoli poi, in un contenitore classico per esche, in un luogo fresco e asciutto. In pesca, invece, prima di ogni lancio sono solito aumentare il potere attrattivo del PVA bag inserendo qualche goccia di attrattore liquido. In commercio ce ne sono molti, poiché solitamente le boccette di liquido hanno un beccuccio appuntito, questo può essere inserito direttamente dall’esterno bucando col beccuccio stesso il sacchetto. Per quanto riguarda l’innesco, durante la stagione primaverile le nostre amiche cadono su inneschi fruttati, magari anche su inneschi tipo “snow man” o pop up classico. Quello che mi ha dato maggiori risultati è il classico innesco pop up. Preferisco inneschi contrastanti quali il giallo/bianco, arancio fluo e rosso, e anche il rosa… da provare! Nella stagione calda invece prediligo innescare boiles con base fishmeal, e fare doppi inneschi con boiles pesce e un paio di chicchi di mais. Nel caso vi sembri che la giornata non stia andando per il verso giusto giocatevi il jolly. Datevi un’occhiata in giro e troverete degli arbusti lungo le rive del lago con delle bacche violacee. Quando il livello del lago si alza, arriva a questi arbusti e le bacche cadute sono fonte di cibo per i pesci. Innescandole singole sul rig ho avuto moltissime partenze nell’arco di poche ore.Più in generale l’innesco varia di diametro a seconda della stagione: durante la stagione fredda, dato il lento metabolismo e l’apatia del pesce, ho preferito usare una boiles del diametro del 15 o scendendo talvolta ad una doppia del 10mm,


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ovviamente rapportando ami e finali; nella stagione calda, invece, dato la maggior pressione di pesca dovuta ad altri pescatori con pasturazioni massicce, riuscivo sempre a “spuntarla” mettendo una boiles del 15 a differenza di altri che usavano 20 o 25 mm per fare selezione. Certo anche a me piace prendere una big, ma se riesco a fare un’ottima preparazione sulla pasturazione e l’innesco e vedo che le mangiate sono continue ma non grandi, sono contento lo stesso. Per innescare il “tandem” boiles e PVA bag il passo è semplice: prendere l’ago da innesco di dimensioni adeguate in modo che possa attraversare tutto il sacchetto per la sua lunghezza. Una una volta attraversato, infilare l’ago nell’asola del finale e portare a battuta, tornando indietro, il finale stesso, dopo di che inserire il tubicino antitangle a sua volta sulla girella. La scelta degli ami è molto soggettiva. Personalmente mi trovo molto bene con i Korum e i Kodex, molto affilati, anche dopo qualche cattura non perdono il potere di penetrazione e il loro filo è abbastanza robusto anche con catture decenti senza che ci sia il rischio di apertura dell’amo stesso.

Purtroppo, Paolo, l’amico che mi accompagnò per la prima volta sul lago di Barrea non c’è più, ma io continuo a frequentare questo spot per sentirlo vicino e dedico queste poche righe alla sua memoria.

Grazie Paolo.


 
 
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